
Ieri sera su "Presa Diretta" si parlava di GIG Economy. Una realtà per
me, sino a ieri, poco conosciuta. Proprio per soddisfare la mia
curiosità ho iniziato a guardare con interesse il programma. Prima di
approfondire e tematizzare il fenomeno, voglio partire, però, dalla
seguente premessa: la Rete influenza e condiziona le Relazioni Umane,
connotandole di immediatezza e poca tolleranza alla frustrazione. In tal
senso, app come WhatsApp, ci mostrano come la comunicazione abbia
acquisito caratteristiche di saturazione della risposta: qualcuno
domanda e subitaneamente si risponde. E l'aspetto forse più
sottovalutato è che non poniamo più una sospensione o una punteggiatura
nei nostri stili comunicativi. Diamo per scontato che dobbiamo fornire
una risposta in pochi minuti, se non in infinitesimali secondi. E tutto è
complicato grazie all sunte blu dell'applicazione: se l'Altro ha letto,
perché non mi risponde ?. Da qui, l'amplificarsi dell'ansia per un feed
- back non ricevuto. Questa forma di angoscia rispetto all'attesa non
colpisce solo i "nativi digitali" (Prensky, 2001), ma gli stessi
genitori, che, al contrario, sono cresciuti in un'epoca in cui, a causa
della scarsa tecnologia, potevano godere solo di pochi ausili
comunicativi, come la telafonia fissa, le lettere o i fax. Tuttavia, è
proprio questa pochezza di strumenti che ha consentito, paradossalmente,
lo sviluppo della tolleranza all'attesa, ad una sua sublimazione:
scrivere lettere, ad esempio, da un lato presuppone la messa in moto del
pensiero creativo e delle proprie competenze linguistiche (linguaggio
che diviene impoverito, attraverso l'uso di acronimi e di slang, a causa
dell'uso degli sms, delle chat e dei Social) e dall'altro, la
sospensione inevitabile della risposta, presuppone un so - stare in
un'attesa che fa apprendere alla persona l'esistenza di un ritmo nturale
di presenza ed assenza (ciò che Freud ha illustrato con il gioco del
"Fort - Da" del piccolo Ernst, descritto in "Al di là del Principio di
Piacere" del 1920, dove il piccolo riuscì a traasformare un'esperienza
spiacevole, quale quella dell'assenza della madre, in un qualcosa di
pensabile ed elaborabile, grazie al gioco del rocchetto che, per sua
natura, va e viene). Oggigiorno, è proprio l'assenza di queste pause, o
la loro estremizzazione, a caratterizzare il nuovo mercato del lavoro.
Soprattutto quello della GIG Economy, ossia del lavoro somministrato
attarverso piattaforme o Start - Up specifiche, che offrono lavoro a
chiamata attraverso la Rete. Una di queste ad esempio, è un'app che
consente alle persone di candidarsi come autisti autonomi, offrendo la
registrazione la portale e l'incrocio di domanda - offerta tra autisti e
viaggiatori, prendendosi il 20 % dei guadagni. Nella puntata di ieri
sera, l'autista inglese intervistato, spiegando il suo lavoro, poneva
l'accento sul fatto che, per ottenere clienti, doveva guidare anche per
12 - 21 ore al giorno, al fine di avere feed - back positivi: nel caso
in cui avesse avuto recebsioni negative, sarebbe stato chiamato molto
meno rispetto ai suoi colleghi: "Il pensiero di non avere giudizi
positivi, non mi fa dormire la notte" (n.d.r.). Queste parole ci
dovrebbero far riflettere su quanto, in quest'epoca dove il datore di
lavoro è un algoritmo, dove la prestazione e i "Like" ricevuti sono la
cartina di tornasole delle capacità di un lavoratore, la Persona tenda a
scomparire, o meglio il suo Potere Personale (Rogers, 1977) di scelta
libera e responsabile e le sue legittime spinte motivazionali
alla'Autorealizzazione (Maslow, 1962) siano mortificate e sacrificate
sull'altare di queste nuove tipologie di assunzioni, che non offrono dei
ritmi regolari di "presenza ed assenza" lavorative: ferie,
malattie,permessi vari, che consentono di prendere fiato dalle fatica e
di poter pensare a progettualità future. Siamo di fronte ad un
paradosso: i lavori ad intermittenza, proprio perché lavori a chiamata
(oggi si può lavorare 20 ore e domani nessuna), non consentono alla
Persona di conciliare, in un'ottica di Promozione della Salute (Zucconi,
Howell, 2003), ritmi professionali con la Cura di Sé e delle Relazioni,
ma sottopongono la stessa a condizioni estenuanti di frustrazione e di
ansia: l'attesa, dall'essere occasione proficua di messa in moto di
creatività, progettualità e sublimazione, a causa della sua
estremizzazione diviene, purtroppo, il primo ingrediente di uno stato di
stress cronico e di scarsa qualità della vita.
© Francesca Carubbi
Dott.ssa Francesca Carubbi
www.psicologafano.com
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