domenica 18 febbraio 2018


Ieri sera su "Presa Diretta" si parlava di GIG Economy. Una realtà per me, sino a ieri, poco conosciuta. Proprio per soddisfare la mia curiosità ho iniziato a guardare con interesse il programma. Prima di approfondire e tematizzare il fenomeno, voglio partire, però, dalla seguente premessa: la Rete influenza e condiziona le Relazioni Umane, connotandole di immediatezza e poca tolleranza alla frustrazione. In tal senso, app come WhatsApp,  ci mostrano come la comunicazione abbia acquisito caratteristiche di saturazione della risposta: qualcuno domanda e subitaneamente si risponde. E l'aspetto forse più sottovalutato è che non poniamo più una sospensione o una punteggiatura nei nostri stili comunicativi. Diamo per scontato che dobbiamo fornire una risposta in pochi minuti, se non in infinitesimali secondi. E tutto è complicato grazie all sunte blu dell'applicazione: se l'Altro ha letto, perché non mi risponde ?. Da qui, l'amplificarsi dell'ansia per un feed - back non ricevuto. Questa forma di angoscia rispetto all'attesa non colpisce solo i "nativi digitali" (Prensky, 2001), ma gli stessi genitori, che, al contrario, sono cresciuti in un'epoca in cui, a causa della scarsa tecnologia, potevano godere solo di pochi ausili comunicativi, come la telafonia fissa, le lettere o i fax. Tuttavia, è proprio questa pochezza di strumenti che ha consentito, paradossalmente, lo sviluppo della tolleranza all'attesa, ad una sua sublimazione: scrivere lettere, ad esempio, da un lato presuppone la messa in moto del pensiero creativo e delle proprie competenze linguistiche (linguaggio che diviene impoverito, attraverso l'uso di acronimi e di slang, a causa dell'uso degli sms, delle chat e dei Social) e dall'altro, la sospensione inevitabile della risposta, presuppone un so - stare in un'attesa che fa apprendere alla persona l'esistenza di un ritmo nturale di presenza ed assenza (ciò che Freud ha illustrato con il gioco del "Fort - Da" del piccolo Ernst, descritto in "Al di là del Principio di Piacere" del 1920, dove il piccolo riuscì  a traasformare un'esperienza spiacevole, quale quella dell'assenza della madre, in un qualcosa di pensabile ed elaborabile, grazie al gioco del rocchetto che, per sua natura, va e viene). Oggigiorno,  è proprio l'assenza di queste pause, o la loro estremizzazione, a caratterizzare il nuovo mercato del lavoro. Soprattutto quello della GIG Economy, ossia del lavoro somministrato attarverso piattaforme o Start - Up specifiche, che offrono lavoro a chiamata attraverso la Rete. Una di queste ad esempio, è un'app che consente alle persone di candidarsi come autisti autonomi, offrendo la registrazione la portale e l'incrocio di domanda - offerta tra autisti e viaggiatori, prendendosi il 20 % dei guadagni. Nella puntata di ieri sera, l'autista inglese intervistato, spiegando il suo lavoro, poneva l'accento sul fatto che, per ottenere clienti, doveva guidare anche per 12 - 21 ore al giorno, al fine di avere feed - back positivi: nel caso in cui avesse avuto recebsioni negative, sarebbe stato chiamato molto meno rispetto ai suoi colleghi: "Il pensiero di non avere giudizi positivi, non mi fa dormire la notte" (n.d.r.). Queste parole ci dovrebbero far riflettere su quanto, in quest'epoca dove il datore di lavoro è un algoritmo, dove la prestazione e i "Like" ricevuti sono la cartina di tornasole delle capacità di un lavoratore, la Persona tenda a scomparire, o meglio il suo Potere Personale (Rogers, 1977) di scelta libera e responsabile e le sue legittime spinte motivazionali alla'Autorealizzazione (Maslow, 1962) siano mortificate e sacrificate  sull'altare di queste nuove tipologie di assunzioni, che non offrono dei ritmi regolari di "presenza ed assenza" lavorative: ferie, malattie,permessi vari, che consentono di prendere fiato dalle fatica e di poter pensare a progettualità future. Siamo di fronte ad un paradosso: i lavori ad intermittenza, proprio perché lavori a chiamata (oggi si può lavorare 20 ore e domani nessuna), non consentono alla Persona di conciliare, in un'ottica di Promozione della Salute (Zucconi, Howell, 2003), ritmi professionali con la Cura di Sé e delle Relazioni, ma sottopongono la stessa a condizioni estenuanti di frustrazione e di ansia: l'attesa, dall'essere occasione proficua di messa in moto di creatività, progettualità e sublimazione, a causa della sua estremizzazione diviene, purtroppo, il primo ingrediente di uno stato di stress cronico e di scarsa qualità della vita.



© Francesca Carubbi
Dott.ssa Francesca Carubbi
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