martedì 9 agosto 2016

Vergogna, una degna emozione che fa ancora paura

"Dove 'è paura è anche vergogna"
 
Platone
 
Vergogna. Credo che sia una delle emozioni più dolorose, antipatiche e scomode che possiamo vivere. Infatti, spesso la vergogna non viene correttamente simbolizzata, ma interecettata prima che diventi consapevole. O, almeno crediamo. Sì, perché, per quanto ci sforziamo di negarla, di rimuoverla, di sentirci immuni da questo vissuto, il nostro organismo, molto più saggio di noi, la sente profondamente e la mostra agli occhi esterni senza il nostro permesso. Come? Attraverso il rossore, la voce bassa e tremula, il capo chino e lo sguardo basso o schivo, il sudore nelle mani, la sensazione di vacillare, di cadere a causa delle gambe molli e prive di forza, le spalle curve. Se ci pensiamo, la postura sembra quella di una resa, di un senso di sconfitta: è la poa di colui che sente di essere stato trafitto. Come tramortito. Carotenuto ci informa come il vissuto della vergogna produca la tormentosa sensazione di essere in balia dello sguardo dell'altro, di essere esposti al pubblico ludibrio, senza potersi difendere. Vergognarsi, per qualcuno, significa sentirsi sotto scacco, impotenti. Si vorrebbe fuggire, sparire dalla faccia della terra, mettere la testa sotto la sabbia, come fanno gli struzzi. Sentire tutto questo fa paura. Si ha paura di perdere la faccia, di fare figuracce, di non essere all'altezza, di non essere abbastanza. Quando ci vergogniamo non accettiamo i nostri limiti. O. più precisamente, ci vergogniamo perché non accettiamo le nostre mancanze, le nostre fragilità, le nostre défaillances, la nostra umanità, per natura fallibile ed imperfetta. Ci vergogniamo della nostra vergogna. Così le critiche, le opinioni altrui ci terrorizzano: l'altro ha il potere di dirmi non solo cosa ho fatto di giusto o sbagliato, ma se sono giusto o sbagliato. Ed in questo la vergogna si differenzia dal senso di colpa: se il senso di colpa permette una futura riparazione dell'errore, la vergogna non ammette sbagli: lo sbaglio ed il sé della persona sono un tutt'uno. Chi commette errori, allora, non può apprendere da essi, in quanto questi sono l'espressione di un sé globalmente ed irrimediabilmente difettoso. Chi non riesce ad accettare la vergogna come parte di sé, come qualsiasi altra emozione indispensabile per la propria crescita, tende a non avere fiducia nel proprio processo di valutazione interno, tende a demandare la responsabilità delle proprie azioni agli altri, tende a procrastinare, a bloccarsi. Ad inibire l'espressione autentica delle proprie emozioni, soprattutto di paura e rabbia. Tende ad essere dipendente dal giudizio altrui, dall'ambiente circostante: "Faccio bene? Faccio male? Se faccio questo, cosa penseranno di me?. Ed è proprio questa dipendenza dal giudizio dell'altro, dalla sua considerazione che fa sì che la persona si impegni ad evitare situazioni per lui narcisisticamente minacciose, che potrebbero minare il proprio valore, che potrebbero coglierlo in fallo, che potrebbero farlo sentire profondamente impaurito o arrabbiato (rabbia che, come la paura, non può essere accettata), anche con l'aiuto illusorio di sostanze psicotrope come l'alcol. Non a caso, nella mia pratica clinica, l'esplorazione sintomatica, del suo significato soggettivo ed umano, ha fatto emergere come l'alcol servisse per sedare il laceramento interiore che la vergogna produceva come un tarlo: in quei contesti, l'alcol rappresentava l'unica, seppur illusoria, modalità di protezione del soggetto da tutte le sensazioni dolorose che provenivano dal proprio organismo: l'unica stampella per sopravvivere, per accrescersi e svilupparsi nonostante il dolore e senso di inadeguatezza . Una precaria, zoppicante ed incerta Tendenza Attualizzante (Borgioni, 2007; Carubbi, 2016). Allora, perché non offrire una calda casa a questa emozione? Perché non adottarla? Perché rifiutarla? Perché non accettare che siamo anche questo? La vergogna, se adattiva, consapevole e non paralizzante,  ha anche un alto valore sociale e umano: chi è consapevole e chi ha provato vergogna, difficilmente farà provare lo stesso ad un altro individuo, donando alla vergogna un significato profondamente altruistico. La vergogna, quindi, ha a che fare anche con la riservatezza ed il rispetto. Accettare la vergogna significa godere di un sano narcisismo, caratterizzato da buona autostima e consapevolezza autentica dei propri limiti e capacità
 E non sono cose da poco